Possibili nuove terapie per il glioblastoma

 

 

DIANE RICHMOND

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 27 ottobre 2018.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Il glioblastoma multiforme (GBM), neoplasia cerebrale estremamente invasiva ad alto grado di malignità (IV grado), è attualmente considerato la forma più comune ed aggressiva di cancro del cervello.

Ricordiamo, una recente acquisizione della ricerca sulla biologia di questo tumore:

Identificata la cellula di origine del glioblastoma umano. Il glioblastoma è la più frequente ed aggressiva neoplasia primitiva del cervello nell’uomo. A lungo si è cercato, principalmente sulla base di due teorie oncogenetiche, di definirne l’origine cellulare, ovvero di identificare l’elemento citologico che ospita le mutazioni responsabili dello sviluppo del tessuto canceroso. Comprendere questo aspetto della patogenesi è infatti fondamentale per concepire nuove e più efficaci terapie. Da molti anni, più o meno da quando è stata scoperta la neurogenesi nel cervello umano adulto, sono state indicate le cellule staminali neurali della zona sub-ventricolare (SVZ, da subventricular zone) quali possibili candidate, in quanto presentano attività proliferativa durante tutta la vita e acquisiscono mutazioni somatiche. Tuttavia, fino allo studio di Lee & Lee della Scuola di Scienze Mediche e Ingegneristiche di Kaist in Corea, comunicato il primo di questo mese di ottobre, la cellula di origine del glioblastoma è rimasta controversa per mancanza di dirette evidenze nel tumore umano. I due ricercatori coreani hanno fornito le prime evidenze dirette che la prima cellula ospitante le mutazioni driver del glioblastoma è fra le staminali neurali della SVZ umana. Uno studio precedente, condotto dagli stessi autori con numerosi altri collaboratori, giungeva alle stesse conclusioni ed era stato presentato lo scorso mese di agosto su Nature. [Lee J. H. & Lee J. H., BMB Rep., Oct.1, AOP - pii:4365, 2018]”[1].

Nonostante qualche progresso nella diagnostica e nella terapia, la prognosi rimane estremamente sfavorevole, con una sopravvivenza complessiva media di soli 11 mesi dalla diagnosi nella popolazione generale degli affetti da GBM, e una sopravvivenza che va dai 14.6 ai 21 mesi nei partecipanti ai trial clinici con terapie standard per il glioblastoma, inclusa la craniotomia maximum safe, la radioterapia adiuvante e le chemioterapie. Per questo, c’è urgente bisogno di giungere a nuove conoscenze, magari attraverso nuovi approcci, al fine di migliorare radicalmente la terapia e le prospettive di vita delle persone affette.

In una revisione degli studi sul glioblastoma in pre-pubblicazione in questo mese di ottobre, siamo stati colpiti da due lavori: 1) nel primo si descrive un nuovo meccanismo molecolare responsabile della promozione dello sviluppo del glioma; 2) nel secondo si documenta la realizzazione e l’efficacia di un chip, che potrebbe consentire la combinazione ottimale di chemioterapici personalizzati per il singolo caso di glioblastoma.

Il primo dei due studi, condotto da Liu e numerosi altri membri di un team cinese con un collega di Yale, ha studiato l’interazione di TROY con RKIP.

(Liu X., et al. TROY interacts with RKIP to promote glioma development. Oncogene -Epub ahead of print doi: 10.1038/s41388-018-0503-x, Oct. 18, 2018).

Gli autori dello studio fanno capo prevalentemente ai seguenti istituti: Institute of Neuroscience, Key Laboratory of Molecular Neurobiology of Ministry of Education and the Collaborative Innovation Center for Brain Science, Second Military Medical University, Shanghai (Cina); Department of Neurosurgery, Shanghai Jiao Tong University, School of Medicine, Shanghai (Cina); Instrumental Analysis Center, School of Pharmacy, Fudan University, Shanghai (Cina); Department of Therapeutic Oncology, Yale University School of Medicine, New Haven, CT (USA).

TROY è un costituente del complesso del recettore Nogo e svolge un ruolo chiave nella sopravvivenza dei neuroni, nella migrazione e nella differenziazione. Lo studio di Liu e colleghi dimostra l’aumentata espressione di TROY nei tessuti costituenti il glioma e nelle cellule neoplastiche. La sperimentazione ha evidenziato che l’inibizione dell’espressione di TROY determinava un rilevante e significativo rallentamento dello sviluppo del tumore gliale, sia in vivo sia in vitro. Si è poi ipotizzato e confermato che l’inibitore della Raf chinasi (RKIP) interagisce con TROY. In particolare, l’interazione fisica TROY/RKIP è stata comprovata mediante saggi di immunoprecipitazione (co-IP).

Liu e colleghi hanno poi analizzato l’interazione fra le due molecole, ed hanno trovato che l’esposizione al siero fetale bovino (FBS) accresceva l’associazione TROY/RKIP. Successivamente, hanno rilevato che il knockdown di TROY conduceva alla riduzione dell’espressione (downregulation) di NF-KB.

Infine, perturbando l’interazione TROY/RKIP mediante l’impiego della proteina TAT-TROY (234-371 aa) si otteneva la riduzione dello sviluppo del glioma in topi sottoposti a xenotrapianto.

Tutto quanto emerso da questo studio, indica l’interazione TROY/RKIP quale potenziale bersaglio di una nuova terapia per il glioblastoma.

Per mettere a punto nuovi e più efficaci trattamenti, può essere di grande utilità la realizzazione di uno strumento per valutare la risposta farmacologica della cellula tumorale prima della somministrazione della terapia. Il secondo dei due studi qui recensiti, condotto da Akay e colleghi di un team di Houston in Texas, affronta questo problema sviluppando e migliorando un brain cancer chip con un meccanismo di prevenzione della diffusione che blocca l’attraversamento del farmaco da un canale all’altro.

(Akay M., et al. Drug Screening of Human GBM Spheroids in Brain Cancer Chip. Science Report 8 (1): 15423. Epub ahead of print doi: 10.1038/s41598-018-33641-2, Oct. 18, 2018).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Biomedical Engineering, University of Houston, Texas (USA); Mischer Neuroscience Associates and the Vivian L. Smith Department of Neurosurgery, University of Texas Health Science Center in Houston, Texas (USA).

Akay e colleghi hanno dimostrato che il chip ha la capacità di coltivare sferoidi 3D di cellule GBM derivate da campioni di tumore, ottenuti da tre diversi pazienti affetti da GBM. Sono stati impiegati due farmaci attualmente adoperati in oncologia nel trattamento clinico di queste neoplasie: la temozolomide (TMZ) e il bevacizumab (Avastin, BEV). Sono state applicate le due molecole e, per azione dei canali del brain cancer chip, si è generata una gamma di concentrazioni relative. I risultati indicano con evidenza la maggiore efficacia di TMZ impiegato in associazione con BEV, rispetto al trattamento sperimentale col solo TMZ.

Se i risultati di questo studio saranno confermati, il passo successivo potrà essere la messa a punto di un chip – considerati anche i bassi costi di produzione di quello sperimentato – in grado di generare combinazioni ottimali di chemioterapici personalizzati per le esigenze dei singoli casi di GBM.

La ricerca sul glioblastoma continua e la nostra società scientifica continua a seguirla, sperando di poter proporre presto aggiornamenti decisivi per un radicale miglioramento della prognosi.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Diane Richmond

BM&L-27 ottobre 2018

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Note e Notizie 06-10-18 Notule (Identificata la cellula di origine del glioblastoma umano).